Riflessioni sull'umano e l'inumano
Le deportazione nei lager e la Shoah tra storia, memoria e rimozioni
«L’esperienza di cui siamo portatori noi superstiti dei lager nazisti è estranea alle nuove generazioni dell’Occidente, e sempre più estranea si va facendo a mano a mano che passano gli anni… Per noi, parlare con i giovani è sempre più difficile. Lo percepiamo come un dovere, ed insieme come un rischio: il rischio di apparire anacronistici, di non essere ascoltati. Dobbiamo essere
ascoltati: al di sopra delle nostre esperienze individuali, siamo stati collettivamente testimoni di un evento fondamentale e inaspettato… È avvenuto, quindi può accadere di nuovo… Può accadere, e dappertutto».
Primo Levi, da I sommersi e i salvati
Le parole di Primo Levi, scrittore che sopravvisse ad Auschwitz e dedicò tutta la sua vita a testimoniare sulla deportazione nel lager, risuonano oggi di agghiacciante attualità: è avvenuto, quindi può accadere di nuovo….Può accadere, e dappertutto.
Se la storia non si ripete mai identica a se stessa - tanto che paragonare ogni nuova tragedia dell’umanità alla Shoah appare un concetto privo di senso - la demolizione dell’umano di cui Levi parlava in Se questo è un uomo, tra i suoi scritti quello universalmente riconosciuto come capolavoro della letteratura (non solo memorialistica), è un crimine ripetutamente accaduto dopo Auschwitz in molti luoghi vicini e lontani dalle nostre case. La gravità delle violazioni di diritti, delle violenze di massa e dei crimini a cui assistiamo ogni giorno, spesso impotenti, talvolta
indifferenti, non ha meno valore dei criminidel passato e richiede tutta la nostra attenzione e il nostro impegno concreto per cercare di contrastare le ingiustizie e operare nel rispetto delle libertà individualie della democrazia.
Qual è l’eredità che la storia dei campi di concentramento e di sterminio ci ha lasciato a più di settant’anni dalla fine della Seconda guerra mondiale? Al di là delle commemorazioni rituali e del calendario civile delle giornate della memoria che esortano le società a ricordare le tragedie del Novecento, che tipo di relazione intratteniamo col nostro recente passato?
Auschwitz fu un crimine concepito dall’Europa moderna, perpetrato con la partecipazione non solo degli assassini ed esecutori diretti, ma anche di innumerevoli persecutori e carnefici che potremmo definire “indiretti”. Giuristi, demografi, scienziati, intellettuali, uomini politici, insegnanti, impiegati dello Stato e industriali si resero complici, con livelli diversi di responsabilità, della messa a morte degli ebrei e di interi gruppi umani sotto il Terzo Reich.
La maggior parte di loro erano uomini e donne comuni, cioè né sadici né deviati moralmente, nemmeno instabili mentalmente o fanatici antisemiti. Fecero quello che venne loro richiesto, svolsero un compito che ritennero giusto o non derogabile per mille motivi. Quando non presero direttamente iniziative nel crimine, non seppero contrastare il processo persecutorio, oppure non trovarono ragioni sufficienti o abbastanza coraggio per farlo.
Quando e come accade che un individuo smette di vedere l’altro come essere umano con gli stessi diritti inalienabili e lo associa all’immagine del nemico da combattere?
Conoscere la storia non è solo indispensabile per leggere meglio nel presente quei fili e quelle eredità che lo legano al passato, ma è anche un’azione politica e morale irrinunciabile nel processo di formazione del pensiero critico e di tutto quello che oggi chiamiamo “cittadinanza consapevole, democratica e attiva”.
Laura Fontana