Storie di bambini e adolescenti sotto il Terzo Reich 1933-1945
In memoria di Luciano Gambini
Nel cinquantesimo anno di attività del Comune di Rimini a favore della memoria della deportazione e della Shoah (1964-2014)
"Hai visto il male, hai visto le forme del male, per questo devi rivolgerti alle persone.
Perché le persone dovrebbero avere una nozione di ciò che il male è, dovrebbero averne una qualche comprensione.
Così come dovrebbero avere una nozione del fatto che, di fronte al male, è possibile rimanere umani.
Questo non va mai dimenticato, quando si insegna l’Olocausto: si può fare esperienza del male, di un terribile male, ma
non identificare se stessi con questo male; non diventare male a propria volta.
Aharon Appelfeld , Cosa fare del male che si è guardato in faccia?, intervista di Daniela Padoan in “Il paradosso del testimone", Rivista di estetica 2010.
Quest'anno agli studenti di quinta superiore di tutte le scuole di Rimini viene proposto un seminario di formazione che dura da fine ottobre 2013 a inizio aprile 2014, il cui titolo per questo anno scolastico è “Storie di bambini e adolescenti sotto il Terzo Reich (1933-1945). Ti presentiamo in questa comunicazione una proposta didattica che volutamente si apre con una citazione di colui che ha visto la guerra e l’orrore della persecuzione degli ebrei con occhi di bambino. Si tratta del grande scrittore israeliano Aharon Appelfeld, ebreo di origine rumena, che aveva soli 8 anni all’epoca della Shoah, cioè della persecuzione e dell'assassinio di massa degli ebrei, un crimine che fu perpetrato dalla Germania nazista durante la seconda guerra mondiale, con l’aiuto dei governi e regimi collaborazionisti (come appunto la Romania) e commesso nell’indifferenza pressoché totale della comunità internazionale. Appelfeld riuscì a fuggire dal campo di concentramento dove era rinchiuso col padre e a nascondersi per tre anni in un bosco, sopravvivendo da solo alla guerra per poi immigrare in Palestina, oggi Stato di Israele. Oggi i suoi libri sono tradotti in tutto il mondo ed è stato insignito di innumerevoli premi per la sua opera e testimonianza. Come afferma nella frase che abbiamo scelto, ha visto in faccia il male (l’orrore dei lager e dello sterminio) ma ha scelto di non lasciarsi contaminare dalla barbarie e dall’inumanità dei tempi drammatici in cui ha vissuto. In ogni guerra, i bambini sono le vittime più indifese. Brutalmente trasportati da un mondo familiare e rassicurante a un mondo sconosciuto, fatto di privazioni, esclusione, paura, fame, violenza, sono spesso costretti a seguire il destino degli adulti senza avere né gli strumenti per resistere o difendersi né la capacità e maturità per comprendere la situazione. Inoltre nei libri di storia i bambini non hanno voce, sono assenti oppure spariscono dietro le cifre delle vittime o nelle ricostruzioni dei grandi eventi. Non che non abbiamo lasciato tracce della propria percezione del male (pensa ai diari come quello di Anne Frank, per fare solo un esempio molto conosciuto, oppure i disegni dei bambini ebrei rinchiusi nel campo-ghetto di Terezin in Cecoslovacchia), ma nella maggioranza dei casi la storiografia non si interessa al loro punto di vista, ritenendoli testimoni ingenui e forse poco affidabili proprio per l'età in cui hanno vissuto e visto compiersi il male. Eppure in un genocidio come la Shoah (e in ogni genocidio), l’assassinio programmato dei bambini rappresenta proprio una delle specificità di questo crimine specifico, che è un progetto volto a distruggere completamente un gruppo/popolo preso di mira. E nel caso degli ebrei si trattava letteralmente “di far scomparire questo popolo dalla faccia della terra” (l’espressione è del Reichsfuhrer Heinrich Himmler). È possibile raccontare la storia del Terzo Reich attraverso le vicende dei bambini e degli adolescenti la cui giovane età fu spezzata o travolta dall’avvento del nazismo? Vogliamo riflettere insieme a te sul rapporto nazismo-bambini visto attraverso la lente focale del doppio percorso inclusione/esclusione che ha caratterizzato la politica di Adolf Hitler nei confronti della gioventù e dell’infanzia. Al centro dell’ideologia nazista c’è infatti il concetto di “Volksgemeinschaft” (la comunità del popolo tedesco, intesa su base etnico-biologica, ovvero del sangue puro). Non si parla mai di popolazione tedesca ma appunto di comunità del sangue in senso razziale e biologico (si nasce “ariani”) in virtù della quale ci sarebbero razze elette e razze inferiori da perseguitare (gli slavi, i neri, gli zingari) e, tra queste ultime, razze maledette e pericolose per il futuro della Germania e dell’umanità (gli ebrei). Da un lato, dunque, il regime nazista promuove una politica di inclusione nella "Volksgemeinschaft" riservata solo ai bambini “ariani” in buona salute, i quali vengono sottoposti fin dalla più tenera età a un rigidissimo martellamento ideologico che insegna loro a odiare l’ altroe i nemici (gli ebrei), mentre i più grandi sono educati mediante un addestramento para-militare fin dalla più tenera età. Approfondiremo questo aspetto anche avvalendoci del cinema e raccontando storie di ragazzi la cui adolescenza fu spezzata dal nazismo, tra consenso, ubbidienza, paura e ribellione (I ragazzi del Reich, L'onda, Swingkids). Dall’altro, invece, il regime nazista persegue una politica volta ad escludere dalla "razza eletta" e dalla Germania (inteso in senso ampio, cioè il Reich dei Mille Anni) sia i bambini tedeschi "ariani" considerati imperfetti e inutili, ovvero i bambini nati con malformazioni fisiche (anche leggere) o disabilità mentali, che i bambini ebrei appartenenti alla “razza maledetta” colpevole di contaminare il sangue puro degli “ariani” e di costituire un pericolo per il benessere collettivo. Per questi bambini, ebrei e non ebrei, viene realizzato un piano di morte. Almeno 5000 bambini tedeschi non ebrei verranno uccisi da medici e infermieri con la cosiddetta “operazione eutanasia”, cioè assassinati in cliniche speciali perché considerati geneticamente tarati, portatori di “sangue marcio” e pertanto indegni di appartenere alla “razza ariana”, nonché inutili alla Germania. Ma la politica di esclusione viene portata alle estreme conseguenze per quanto riguarda la persecuzione e la distruzione delle vite dei bambini ebrei in ogni paese dell’Europa occupata. Salvo una minoranza che riuscì a salvarsi, i bambini ebrei seguirono lo stesso tragico destino degli adulti: discriminati, esclusi, umiliati pubblicamente, poi perseguitati e deportati verso Est, trovarono la morte asfissiati nelle camere a gas di Treblinka e di Auschwitz o nei Gaswagen in Serbia e a Chelmno, oppure fucilati dalle Einsatzgruppen, o vittime di esperimenti medici crudeli nei lager, o ancora lasciati morire di fame nei ghetti e nei campi di prigionia. Un destino condiviso – seppur con modalità e proporzioni diverse da Paese a Paese – anche da centinaia di migliaia di bambini zingari Sinti e Rom perseguitati dal nazismo. Sotto il Terzo Reich, un milione e mezzo di bambini ebrei vengono assassinati per la sola colpa di essere nati.La maggior parte di loro ha meno di quindici anni. Solo ad Auscwitz, i bambini ebrei rappresentano oltre il 20% delle vittime.
Vogliamo dunque provare ad approfondire queste vicende, interrogandoci su tre aspetti fondamentali
1) l'educazione dell'infanzia e dei giovani tedeschi, esplorando sia il fenomeno di indottrinamento di massa che le esperienze marginali, ma significative, di disobbedienza e dissidenza da parte di gruppi di ragazzi e ragazze che sfidarono il regime.
2) la politica di purificazione della "razza ariana"che combina strumenti di sostegno e rafforzamento della natalità tedesca a misure criminali controbambini malati e di origine ebraica, sinti e rom.
3) l’esempio di coloro che rimasero indifferenti davanti almale e si adoperarono con grande coraggio per prestare soccorso e salvare i bambini condannati a morte(attraverso l'esempio dei Giusti).