Come si diventa Nazisti?
Il regime nazista non costituisce l’unico elemento storico dal quale partire per comprendere il genocidio degli Ebrei, perché molte altre sono le radici culturali che hanno preparato la Shoah e i genocidi del Novecento: il razzismo moderno, il colonialismo, l’eugenetica, la brutalizzazione delle società industriali, la Grande Guerra….. Auschwitz appartiene a una storia tutta europea e di lunga durata che inizia quando la modernità, la società industrializzata e di massa, frantumano il concetto di umanità e di sacralità della vita, quando - in un mondo sempre più secolarizzato e privo di ideali - la produttività e l’efficienza diventano priorità assolute. Tuttavia è inconfutabile che sia stata la Germania di Hitler a concepire e ad attuare lo sterminio, come un mezzo per risolvere definitivamente “la questione ebraica”, in un progetto più ampio di ri-disegnamento dello spazio biologico europeo e portando alle estreme conseguenze un discorso già diffuso fin dagli anni Venti che postulava la necessità di “ripulire” e fortificare la società, eliminando i più deboli. E’ il discorso ideologico, martellando che gli Ebrei non appartengono alla specie umana, che nutre gli intelletti di coloro che diverranno carnefici. Dobbiamo riflettere su come l’ideologia nazista abbia permeato le masse, ma soprattutto su come degli uomini comuni, bravi padri di famiglia, si siano trasformati in carnefici, in freddi burocrati-assassini. Questo è un punto centrale per una discussione che affronti il funzionamento del meccanismo di gruppo quando l’omologazione, il consenso e il rispetto dell’autorità prevalgono rispetto alla capacità di raziocinio, dobbiamo analizzare le tecniche moderne del potere in una società di massa che tende a deresponsabilizzare l’azione del singolo e a isolare gli individui, rendendoli indifesi rispetto al potere dello Stato e spesso incapaci di agire e di opporsi criticamente. Nella seconda parte del seminario, si cercherà – con una cronologia puntuale e un vocabolario preciso – non tanto di fare la storia del genocidio degli Ebrei durante la Seconda Guerra mondiale, quanto piuttosto di cercare di capire che la radicale novità della Shoah- evento senza precedenti nella storia, ma non senza radici – non sta solamente nella tecnica dell’assassinio (la camera a gas, che elimina la responsabilità individuale), ma nella distruzione del concetto stesso di umanità.La morte riservata alle vittime, rappresentata dalla paranoia antisemita come “batteri, virus, pesti, pidocchi, bacilli” da sterminare, è una nonmorte,perché viene negata loro la dimensione umana, è una cancellazione totale all’insegna del disprezzo e dell’odio più radicale, che ha concepito il genocidio come una gigantesca operazione di “derattizzazione” del mondo. La Shoah è un prodotto della nostra modernità nel senso che è stato un crimine innanzitutto compiuto da efficienti burocrati e la burocrazia scinde il lavoro in più procedimenti, stempera la responsabilità individuale e la rende anonima.
L’obiettivo che il seminario si propone è quello di riflettere proprio sulla natura del crimine commesso, ovvero sul rapporto che separa la normalità dal crimine, ma anche su come la normalità possa contenere il crimine. Quanti solerti burocrati nazisti hanno condannato a morte migliaia di esseri umani, pur rimanendo buoni padri di famiglia e lavoratori coscienziosi? La maggioranza dei nazisti che ebbero un ruolo determinante nel genocidio degli Ebrei non erano pazzi assetati di sangue, ma persone bene istruite e di solide tradizione cattoliche, non geni del male, ma individui ordinari di cui Adolf Eichmann costituisce l’emblema di quella che Hannah Arendt ha definito “la banalità del male”. Vedere i carnefici della Shoah non come dei mostri, ma come esseri umani, ci permette dunque di umanizzare il crimine, rendendolo, al contempo, meno rassicurante perché più vicinoa noi.La memoria della Shoah rimanda anche alla vergogna intollerabile di appartenere alla stessa specie umana degli assassini. Questo non significa, tuttavia, arrivare alla conclusione che tutti noi possiamo diventare in qualunque momento degli assassini. Il semplice fatto che anche durante il nazismo non tutti abbiano seguito la via del consenso, la strada del male, ci permette di tenere una lezione di storia che metta l’accento su come ogni uomo abbia sempre la possibilità di scegliere il proprio comportamento, di opporsi alla scelta del male. La speranza per il nostro futuro sta proprio nella spiegazione centrale dell’insegnamento su Auschwitz: qualunque individuo confrontato con situazioni estreme può scegliere e la sua scelta non dipende mai dalla sua appartenenza politica di destra o di sinistra, né dal suo livello di istruzione o di cultura e nemmeno dalla sua appartenenza etnica o sociale. La facoltà di scelta dell’uomo dipende sempre e solo dalla sua capacità di ragionamento, di sapersi tirar fuori dal gruppo e di ascoltare la propria coscienza. Non è affatto una lezione disperata quella sulla Shoah, al contrario, essa rivaluta pienamente la nostra capacità di saper pensare e di agire di conseguenza.