Linda Rossi commenta l'incontro con Liliana Segre
e il libro "Come una rana d'inverno" di Daniela Padoan
Riferimento particolare alla testimonianza, riportata nel libro di Liliana Segre.
Liliana Segre è una di quelle persone che non verranno dimenticate molto difficilmente da coloro che hanno avuto il piacere di conoscerla,nonostante l'argomento per il quale viene conosciuta,non il più piacevole ma molto importante per la storia di tutti noi.
Liliana è una testimone,una fonte,un occhio di verità su un passato non troppo lontano che,nonostante questo,viene facilmente rimosso dalla mente di ogniuno di noi perchè troppo forte,cruento,vergognoso.
E' appunto l'indifferenza,la dimenticanza che non piace a Liliana,in quanto i testimoni della Shoah,non ci saranno per sempre e non potranno trasmettere i propri ricordi,ancora vivi in loro,alle generazioni future e se le persone che hanno ascoltato questi ricordi se ne disinteressano e se ne scordano come faranno,le nuove generazioni,a sapere,capire,comprendere?Semplice,non sarà possibile,o meglio,lo sarà per via dei vari libri degli storici ma questi sono ben diversi dall'ascoltare una testimonianza.
Leggendo l'intervista fasta a Liliana nel libro "Una Rana D'inverno",leggendo le parole dette da lei stessa,il lettore viene catapultato in un mondo osceno,crudele,straziante dove accadevano cose senza un senso logico e una vera motivazione,uomini e donne mossi dal pregiudizio che per proprio capriccio personale dettavano il diritto alla vita di una persona spogliata della propria umanità e personalità.
Deportata ad Auschwitz a soli 13 anni,saparata dall'amato padre appena giunta al capo,Liliana ha dovuto crescere nell'arco di pochi mesi,ha dovuto dimenticare le cose spensierate che si pensano a quell'età..ha dovuto farlo,perchè costretta da quella macchina infernale del regime nazista.
E' stato un anno difficile,duro,un camminare lungo la fune che separa la vita dalla morte e solo grazie alla sua grande voglia di vivere,di lottare fino all'esaurimento delle forze,Liliana è tornata alla sua vita,è rinata dopo mesi di terrore,di paura,di smarrimento.
Questo è il lato più toccante della sua testimonianza,ogni parola pronunciata da lei è dettata da una grande forza di vita,la forza di lottare che contraddistingue un uomo da un altro e che le ha permesso di tornare in Italia.
Per chi legge le sue risposte alle domande della Padoan sembra incredibile che una bimba di 13 anni,ingenua,innocente,sognatrice,possa esser stata capace di tirare fuori una così grande vitalità,che abbia compreso,così giovane,la realtà.Nell'intervista vengono toccati molti aspetti della prigionia,molte sfacettature dell'animo umano posto in quel contesto.Una delle cose che salta all'occhio di chi legge e ascolta,tali testimonianze,è il ritorno,nell'uomo,degli istinti primitivi,dell'egoismo per la propria sopravvivenza e,dopotutto,chiamarlo egoismo non sarebbe nemmeno giusto,è un termine riduttivo,non è egoismo cercare di andare avanti,di lottare per la propria esistenza e per difendere quell'unico dono che ci è stato dato:la vita.
Questo tirar fuori le unghie lungo il periodo di prigionia viene contrapposto al momento del ritorno,per chi è stato fortunato,nella propria città e alla propria vita.
Nell'incontro che si è svolto a Rimini alcune settimane addietro,la Fontana,ha chiesto a Liliana come è stato il ritorno a casa una volta liberata dalla prigionia,ecco,questo è stato uno dei momenti più intensi,più coinvolgenti,quelle parole,sentite,lette mi sono rimaste impresse,come un piccolo marchio,la difficoltà di rientrare nei vincoli della società,dell'educazione,ricominciare da capo a vivere,rinascere e sbocciare nuoamente come uno splendido fiore marchiato ma vivo non è stato facile per lei. La solitudine è stato l'ostacolo più grosso e imponente da superare in quanto non si sentiva capita,dopotutto come potevano,afferma lei stessa,capirmi quelle persone che,nonostante i lbene che mi volevano,non avevano idea di quello che avevo passato.Tale pensiero non va confuso con un idea di vittimismo da parte di Liliana,tale interpretazione sarebbe l'equivalente di uno schiaffo in pieno volto,offensivo ed estremamente diminuitivo. Chi è rimasto colpito da queste parole può provare a immedesimarsi nella Segre,potrà,cosi,tentare di capirla ma nessuno ci riuscirà mai veramente perchè,certe esperienze,per comprenderle appieno devono essere vissute e penso che alla fine sia stato questa la difficoltà più grande che ella ha superato grazie all'aiuto del marito,conosciuto da giovane,e alla propria forza.
Altra cosa sulla quale è importante soffermarsi è la progressiva espropriazione della femminilità nelle donne imprigionate nei campi di sterminio,la stessa Segre lo racconta nel libro.
Le donne ben meglio degli uomini potranno comprendere questa violezione personale e morale,il restare nude,per ore ed ore mentre i soldati ti prendono in giro,si divertono davanti ai tuoi occhi facendo commento sconvenienti,la rasatura dei capelli,la perdita delle mestrazioni e perdere la propria bellezza in modo cosi reppentino da non rendersene conto,a noi,donne,si stringe il cuore nel sentire queste azioni,ed è proprio per questi sentimenti che non dobbiamo dimenticare.
Tutti noi abbiamo questo obbligo,morale,etico,di non dimenticare ciò che abbiamo provato tutte le volte che abbiamo sentito parlare un testimone,sono attimi,per quanto piccoli,che dobbiamo portare con noi,nella nostra memoria e tramandare a chi ci è vicino,a chi è troppo piccolo per sapere,siamo obbligati a fare in modo che un simile scempio non si ripeta mai più nella storia,dobbiamo impedire che altre donne vengano spogliate del proprio essere,che gli uomini vengano uccisi per futili motivi,che i nostri figli,nipoti e altri bambini debbano crescere troppo in fretta perchè posti in un ambiente cruento,violento,degradante..dobbiamo,e su questo ci tengo,non dimenticare la grande forza di vita,di lottare,di esistenza che ha mosso questa grande piccola donna.
Non dobbiamo,non possiamo permettercelo.
Linda Rossi
V H Liceo scientifico A.Serpieri.